Agrate ’Terra&acqua’

Il Comune di Agrate Brianza ha aderito al progetto "Terra&Acqua".

Terra&Acqua è una fiction televisiva, un diario di viaggio, un sito dove trovare quanto serve per cominciare un’avventura da protagonisti alla scoperta di un territorio magico.

Le emozioni della musica e della poesia di Davide Van De Sfroos si fondono con la bellezza dei luoghi in chiave squisitamente folk. Folk non è dunque solo una sonorità, ma una filosofia che coniuga la passione per la ricerca di una storia passata e di un territorio presente ad un modo di vivere lento e sostenibile, così da poter tornare alle radici dell’essere assaporando quanto di meglio ci circonda.

 

La Vasca Volano

Ad Agrate Brianza tra strade, industrie e cemento, si trova una piccola oasi di terra e acqua. È la Vasca Volano, una pozza realizzata come sfogo della rete fognaria in caso di troppo pieno, servita ben poco a quello scopo e dismessa dalla sua destinazione iniziale. Lo specchio d’acqua così rimasto, circondato da prati, siepi e arbusti, è divenuto un richiamo per molte specie animali e vegetali. Inaspettatamente questo fazzoletto verde e blu ha assunto un grande valore naturalistico, in modo particolare per numerose varietà di uccelli. Il censimento partito nel 2007 ha permesso di individuare quasi un centinaio di specie volatili, tra cui alcune abbastanza rare, mancanti nel Parco di Monza. Ad esempio l’allodola, un tempo comunissima, oggi sempre più introvabile. Rapaci come il falco pellegrino, anatre di vario tipo, in qualche occasione persino alcuni esemplari di gru e molti altri. Complici di questa gran varietà sicuramente l’Oasi WWF di Carugate, il fiume Adda ed i numerosi parchi brianzoli; ma si sa, gli uccelli non conoscono confini. Negli ultimi anni il comune ha contribuito all’arricchimento della biodiversità sistemando e tutelando l’area, tracciando anche percorsi per i visitatori. In questo luogo dove la natura ha voluto esprimersi in molteplici forme, rimane tuttavia un curioso paradosso: la Volano si trova in Via delle Industrie. Forse segno della volontà della natura di riappropriarsi di quanto le spetta?

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La raccolta d’arte Bontempi

«Ma signor maestro, gli artisti sono tutti morti?». Domanda innocente se si considera che venne fatta nel 1957 da un alunno di scuola elementare. Il docente in questione era Ezio Bontempi, la scuola quella di Agrate Brianza. Nel suo cuore, l’insegnante e critico d’arte, sentì accendersi una scintilla. Egli decise di trovare un modo per diffondere la cultura a misura di bambino. Per i successivi sei anni fece scrivere ai suoi allievi lettere indirizzate ai grandi poeti, pittori e scultori del tempo, richiedendo un segno concreto della loro arte. Le risposte furono numerosissime. Salvatore Quasimodo ad esempio, trascrisse di proprio pugno la sua poesia Alla madre; il pittore Aligi Sassu inviò un’incisione con Don Abbondio e i Bravi. Altro arrivò dal “tagliatore di tele” Lucio Fontana, che ringraziava per «l’occasione di poter fare il dono più bello e gentile della mia carriera d’artista»; dal pittore Ernesto Treccani), dai fratelli-scultori Pomodoro, da Mario Luzi, che si scusava del ritardo nella risposta, e da molti altri. Così il maestro Bontempi ha permesso ai propri alunni (e non solo) di poter entrare in contatto con l’arte dei grandi contemporanei. Per di più ha creato una collezione davvero unica in Italia. Il tutto, raccolto in un catalogo pubblicato dal comune, è ammirabile ancora oggi alle scuole di Agrate.

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Villa Trivulzio ad Omate

Non solo terra di industria e agricoltura, la Brianza è sempre stata anche attraente luogo di villeggiatura. Lo dimostra la sua storia e soprattutto la presenza di numerose abitazioni signorili. Agrate è nota per la Villa Trivulzio, la cui storia ha inizio probabilmente nel Cinquecento, come feudo della nobile famiglia dei Trivulzio. Rimasta alla casata per generazioni, subì una radicale ristrutturazione nei primi anni del Settecento, in pieno stile barocco, per opera dell’architetto Giovanni Ruggeri (allievo di Carlo Fontana, a sua volta allievo del Bernini). Il restyling valse la definizione di “Villa di Delizia”; appellativo con cui Marc’Antonio Dal Re (1697-1766) nel suo ambizioso progetto di illustrare le bellezze di Lombardia indicò una serie di ville lombarde che ritrasse in numerose incisioni (raccolte in sei tomi). Oggi la villa risplende ancora come un tempo, grazie a un importante restauro terminato nel 2000. Una gemma architettonica costituita da due edifici paralleli legati da un portico terrazzato a sette arcate, risalente ad una modifica ottocentesca. Tutto ciò incastonato in uno splendido giardino all’italiana con il monumentale parco secolare, tra i più raffinati di Lombardia. È il fiore all’occhiello della villa, e chi vi si immerge si rende conto di passeggiare in un’atmosfera d’altri tempi.

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Il mulino dell'Offellera

Tra i numerosi corsi d’acqua che si diramano per la Brianza, c’è la roggia Gallerana, che scorre per Agrate. La storia che è fluita fino a noi ha origine nel 1476, quando il nobile Fazio Gallerani creò questo canale artificiale per irrigare le sue terre, deviando il corso del fiume Lambro. Egli era il padre di Cecilia, la fanciulla ritratta nel dipinto “La dama con l’ermellino” di Leonardo da Vinci. Dal 1760 al 1959 i protagonisti dello sfruttamento delle acque della roggia, portarono un solo cognome: Ortolina. Essi furono i mugnai della cascina Offellera, localizzata fuori dal centro abitato presso la Curt di Murnée cioè la Corte dei Mugnai. Il loro mulino a tre ruote, quindi tre macine, permetteva di lavorare ingenti quantità di granoturco e segale, soprattutto per fare pane giallo e polenta. La loro attività risultò essere un mondo a sé stante che portava valore economico maggiore rispetto al resto della campagna, grazie anche alla coltivazione di prodotti ortofrutticoli e foraggio destinato al bestiame. Per questo i “Murnée dell’Offellera” vennero considerati un punto di riferimento della zona rurale agratese per oltre 200 anni.L’industrializzazione e l’ampliamento della vicinissima autostrada A4 che modificò parte della Gallerana, portarono negli anni ‘60 alla crisi del mulino. Il complesso venne semi-abbandonato, le ruote e parte delle chiuse distrutte. Tuttavia, questa storia sembra avere un lieto fine.Da alcuni anni la corte è stata ristrutturata e ospita un bar e ristorante che propone piatti tipici locali. Si sta inoltre lavorando negli spazi del mulino (ancora molto ben conservato), per ricreare un museo della civiltà contadina brianzola.

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Ultima modifica: 21/12/2021